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Dino e Liliana salutano Musestre | ||
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Brugnerotto: "Ho un nodo in gola e i
clienti non mancano. Ma le nuove norme mi chiedono troppi cambiamenti" E' solo l'ultimo evento della metamorfosi della frazione. Però ci sono opportunità che sollecitano riflessioni a tutto tondo |
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16 dicembre 2020 Ancora pochi giorni e Musestre rimarrà privo di un punto di riferimento per l'acquisto di generi alimentari. Dopo più di 80 anni e tre generazioni, Dino Brugnerotto lascia l'attività avviata nel 1940 dal nonno, Antonio, e proseguita subito dopo la guerra dal padre, Giuseppe, sopravvissuto alla detenzione in un lager nazista. Giuseppe ha gestito il negozio fino alla Pasqua del 1976 quando, appunto, è subentrato il figlio allora ventenne, Dino, che ora si avvia alla pensione assieme alla moglie e contitolare, Liliana Spigariolo. In realtà il Crai di Musestre potrebbe riaprire presto se andasse a dama una trattativa in corso con possibili acquirenti, anche in questo caso una famiglia locale e ben conosciuta. In caso contrario il borgo si vedrebbe privato dell'ennesimo esercizio commerciale, dopo la perdita, alcuni anni fa, dell'edicola (i quotidiani si vanno a comperare nella veneziana Quarto d'Altino, al di là del Sile) e quindi di un forno (il pane, comperato sempre a Quarto, è rivenduto dalla stessa Crai). A Musestre, per sottrazione, rimarrebbero aperti solo un dispensario farmaceutico, uno studio dentistico, due ristoranti-pizzeria e due saloni di parrucchiera. “Non mi ritiro certo a cuor leggero, ci sto pensando dalla scorsa estate, ogni volta che ne parlo mi viene un nodo in gola – riconosce Brugnerotto – e non è una scelta legata a difficoltà economiche. Il lavoro sotto questo punto di vista mi ha sempre dato soddisfazioni e continua a farlo, gli 80-100 scontrini al giorno rimangono e sono sufficienti. Ciò che è stata decisiva è la necessità di aggiornare molta tecnologia richiesta dalle norme recenti. A parte l'investimento, l'impegno di una formazione sugli strumenti digitali non mi sento di affrontarlo. Io e l'elettronica non siamo mai andati tanto d'accordo...”. Tutto questo nel contesto di un cambiamento della natura di Musestre che richiede ripensamenti a 360 gradi. Paradossalmente la popolazione non è diminuita, casomai i nuovi residenti sono rappresentati da persone immigrate che professionalmente gravitano sull'area mestrina, che rincasano solo la sera e che, per i consumi, frequentano altri poli commerciali. Un nuovo fenomeno diventato molto evidente dalla scorsa primavera, accentuato dalle mutate abitudini “sportive” della popolazione, è poi il forte flusso di attraversamento di turismo leggero, ossia di ciclisti che, uscendo dalla pista sull'argine del Sile che parte da Treviso, si dirigono verso la laguna e Jesolo necessariamente attraversando il centro di Musestre accedendovi, per combinazione, giusto a pochi metri dal Crai. L'eccezionale moltiplicazione di cicloamatori - non solo italiani e ormai per tre stagioni all'anno - sono innegabilmente un driver di sviluppo che sarebbe un crimine non sfruttare, non essendoci altri punti di sosta, assistenza e ristoro a monte e a valle per molti chilometri (i più vicini direttamente sulla Greenway si trovano a Casier e a Portegrandi). Vanno ricordate, infine, la relativa prossimità con il polo formativo di H-Farm e la collegata potenziale capacità di attrazione di Musestre verso uno stock di centinaia di giovani da contendere alle piazze di Meolo e di Portegrandi. Sono tutte considerazioni che dovrebbero suggerire uno sforzo di visione da parte pubblica e l'avvio, quantomeno, di una specie di “tavolo per Musestre”. L'impostazione secondo cui queste sarebbero dinamiche private rispetto alle quali “si arrangia il mercato” è un alibi stantio che appartiene al secolo scorso. |
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